Installazione

DALL’IDEA ALLA REALIZZAZIONE

 

In seguito ad una profonda riflessione personale sul concetto di rappresentazione in Arte e su come trasportare un proprio pensiero, una propria idea, una propria esperienza, al di fuori di sé e metterla in relazione con l’esterno e con gli altri, sono approdata alla complessità della formalizzazione di un’opera e alla presentazione del corpo del lavoro, dovendo affrontare non poche difficoltà.

Penso sia di fondamentale importanza, che l’artista si metta in relazione con il mondo a lui contemporaneo, cioè che l’artista si ponga in relazione con quelli che sono i costumi, le ideologie ed i modi di pensare della società del suo tempo, sia per sostenerli che per criticarli. Credo che per realizzare ciò, il metodo più efficace sia quello di mettersi in diretta relazione, ovvero comunicare direttamente con il fruitore, fino a farlo diventare partecipe e motore dell’opera. In un saggio di mia recente lettura, La fotografia come arte contemporanea di Charlotte Cotton (4), ho trovato un interessante passo in cui, parlando di One Minute Sculptures (1997), che è un lavoro dell’artista Erin Wurm (5), viene esposta la sua teoria riguardo al tema trattato:

“Erin Wurm scrive istruzioni e descrizioni di potenziali performance che non presentano specifiche abilità fisiche. Nell’estendere a chiunque l’invito, suggerisce che l’opera d’arte corrisponde all’idea e che la manifestazione fisica diretta di essa da parte dell’artista è un incoraggiamento a partecipare rivolto agli altri, non un atto che solo lui può compiere.”

– Charlotte Cotton, La fotografia come arte contemporanea, 2010, capitolo 1

Approfondisco l’argomento parlando di Alighiero Boetti, che, con le sue Mappe (1971-72), dà un esempio di azione collettiva. Per una maggiore comprensione cito un articolo pubblicato il 4 dicembre 2017 sulla rivista Artribune (6):

“L’intento dell’artista ormai rimane sostanzialmente questo: la volontà di portare la vita nell’arte, o viceversa. il germe dell’arte relazionale, è il “coinvolgimento” del pubblico nel processo formativo dell’opera, ormai svincolata da ogni tipo di canone o sistema, che vive nella sua realtà in continuo divenire, che è fatta della sostanza delle azioni compenetrate tra loro, sotto diverse forme espressive, in un contesto dove anche il gesto di un qualsiasi individuo partecipante diviene rilevante per la generazione dell’opera.

La realtà non viene più rappresentata o interpretata in qualche modo, risultando un tradizionale “contenuto”, ma dopo tutto il processo di integrazione diventa medium e contenuto nello stesso istante, presenti nel flusso generativo dell’opera. La realtà, nel senso anche pragmatico del termine, è diventata arte.”

– Floriana Farano, Artribune

 

IL PERCORSO _

Nei miei lavori elaborati nel corso del mio programma di studio, ho sempre dato grande importanza al pubblico, ritenendo che la sua partecipazione fosse fondamentale per il buon esito del lavoro stesso. Infatti l’unico modo che il pubblico ha di relazionarsi con il lavoro è quello di prendervi parte fisicamente. Questa interazione tra pubblico e lavoro è ciò che rende quest’ultimo vivo. In altre parole, il pubblico deve sentirsi parte del lavoro e deve intenderlo e sentirlo come fosse una sua esperienza personale.

Anche in questo progetto ho voluto mantenere questo carattere relazionale, con l’aggiunta del coinvolgimento delle tecnologie visive, sia perché esse costituiscono l’oggetto del mio studio, sia perché intendo mantenermi nell’ambito contemporaneo. Sono consapevole che il modo migliore per far rivivere agli altri la mia esperienza, sia quello di esprimerla attraverso mezzi tecnologici, ai quali delego le azioni che prevedono la messa in funzione dell’installazione; ovvero coordino il lavoro fino al momento prima della messa in scena e da lì ne delego la continuazione ai mezzi tecnologici, ritenendomi consapevole di una certa perdita di controllo, riguardo allo sviluppo e all’esito, che accetto (7).

All’inizio pensavo di utilizzare come medium il video semplice, con inquadratura e documentaristico, dal quale il fruitore poteva accedere sedendosi dentro al kayak, situato all’interno di una stanza, e visionarlo dalla proiezione a parete. Era prevista un’interazione attraverso il movimento delle pagaie: si andava così a regolare la parte video e audio a piacimento, con la collaborazione dei due partecipanti. Questa idea aveva il limite dell’evidente finzione: il kayak, restando fermo e chiuso in una stanza, diventava oggetto e non più mezzo (concetto formulato dopo la conoscenza del lavoro di Marco Papa (8); risultava sostanzialmente una situazione simile a quella che si ha di fronte a una proiezione cinematografica, dove, per altro, lo schermo appariva troppo distante sia fisicamente che concettualmente.

Da poco tempo ho iniziato ad interessarmi di video a 360°, che ultimamente stanno avendo successo nelle piattaforme YouTube e Facebook. Questa tecnologia dà veramente ottime opportunità. Soprattutto se parliamo di condivisione e interazione, dà la possibilità di vivere un’esperienza che non è reale ma virtuale, trasmettendo però sensazioni tutt’altro che fittizie. La manipolazione di materiale multimediale di tal genere, può però rivelarsi non così semplice. Il metodo di montaggio e lo sviluppo della sceneggiatura sono completamente diversi e nuovi rispetto ai tradizionali video. Inoltre, trattandosi di una tecnologia di recentissima introduzione ed in via di sviluppo, le conoscenze risultano limitate.

Approfondirò comunque le caratteristiche di questo medium nel prossimo capitolo.

Ricapitolando, il mio timore era quello di non riuscire a recuperare il materiale necessario per registrare a 360° e di non riuscire, poi, a farlo funzionare in maniera corretta. Fortunatamente, durante l’esame di presentazione di questa mia ipotetica installazione, un compagno di corso mi parlò di alcuni video a 360° da lui registrati e mi disse anche di possedere una videocamera apposita. Dopo avermi dato la disponibilità a prestarmela, iniziai a pensare concretamente e a progettare in grande, perché la meta da me prefissata poteva essere raggiunta.

Ovviamente tutte le riprese precedentemente fatte con la mia reflex non servivano a nulla, dovevo ricominciare e fare nuove uscite in kayak.

Il periodo (ottobre) non era, sotto un aspetto climatico, tra i migliori. Con pazienza e fortuna abbiamo comunque trovato le giornate adatte per compiere i nostri ultimi viaggi. Volevamo spingerci a settentrione, verso quella parte di Laguna di cui ci eravamo innamorate. Per quanto riguarda le riprese video, questa volta fissai la videocamera, una Samsung Gear 360, su di un casco che poi indossai per l’intera durata delle esplorazioni.

INSTALLAZIONE_

Installazione interattiva - 6 Marzo 2018
Video 360° - realtà virtuale
Traccia audio in loop da casse audio

Kayak, visore VR, smartphone
c/o Cavana di San Servolo, site specific

Durata: 5 min ca.

 

L’installazione è stata concepita come esperienza individuale.

Il visitatore, firmando una liberatoria, si assume qualsiasi responsabilità per eventuali inconvenienti dovessero verificarsi durante l’intera durata dell’esperienza virtuale. La partecipazione a quest'ultima è fatta di sua iniziativa e sotto la sua personale responsabilità.

In seguito verrà accompagnato nello spazio espositivo, la Cavana (garage delle barche), dove avverrà il viaggio. All’entrata gli sarà consegnato un giubbotto salvagente da indossare per una maggiore sicurezza e un maggior coinvolgimento fisico nel viaggio.

Entrando, suoni ambientali registrati in laguna verranno riprodotti in loop, come un eterno eco, favorito dallo spazio che li ospita. All’interno, davanti a sé, il fruitore vi troverà una canoa galleggiante sull’acqua e, con l’aiuto di un assistente, dovrà salirvi a bordo per poi sedersi sul sedile anteriore. Dopodiché gli verrà consegnata una pagaia, che, al pari del giubbotto salvagente, avrà la stessa funzione “di ambientamento”. Per finire, dovrà indossare un paio di occhiali VR, mezzo attraverso il quale sarà possibile l’inizio del viaggio virtuale.

L’esperienza avrà una durata di 5 minuti, durante i quali il visitatore è invitato a non svolgere azioni che potrebbero manomettere la propria sicurezza e quella dei materiali tecnici utilizzati.
In caso di malessere di qualsiasi genere, l’esperienza verrà immediatamente interrotta.

 

 

 

 

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NOTE:

(4) CHARLOTTE COTTON, La fotografia come arte contemporanea, 2010, cap.1, Se questa è arte
(5) ERIN WURM, One Minute Sculptures, Tate Modern Museum, 1997 e 57esima Biennale di Venezia, 2017

(6) ALIGHIERO BOETTI, Mappe, 1971-72

(7) MAURIZIO BOLOGNINI, Postdigitale – Conversazioni sull’arte e le nuove tecnologie, Pisa, 2008

(8) MARCO PAPA, Meta Gondola Fisica Redentore, Favignana, 2017